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Seno

  • Mastoplastica addittiva

  • Mastoplastica riduttiva

  • Mastopessi

  • Capezzolo introflesso

La mastoplastica additiva è l’intervento chirurgico finalizzato all’aumento del volume delle mammelle mediante l’inserimento di protesi. Si tratta di uno degli interventi più richiesti di tutto il mondo. Il seno è infatti una parte importante del corpo della donna, è sinonimo di femminilità ed è spesso legato all’autostima ed alla sicurezza della donna. Le più giovani si rivolgono al chirurgo con l’obiettivo di aumentare un seno poco sviluppato, le pazienti in età più avanzata per ripristinare volume e forma di un seno sciupato per invecchiamento fisiologico o a seguito di una gravidanza, allattamento o forte dimagrimento. L’ intervento chirurgico di mastoplastica additiva è quindi indicato nei casi di:

  • Seno troppo piccolo
  • Seno cadente a seguito di gravidanza e allattamento
  • Seno diminuito di volume dopo un dimagrimento
  • Asimmetria delle mammelle (un seno è più grande dell’altro)

L’intervento essenzialmente consiste nell’introduzione di protesi mammarie, al di sotto della ghiandola mammaria o al di sotto del muscolo pettorale. All’intervento residuerà sempre, per necessità, una cicatrice permanente, seppur di solito assai poco visibile. Nel caso di ptosi accentuata, cioè quanto il tessuto del seno è notevolmente ceduto e risulta molto spostato verso il basso rispetto ad una posizione ideale, l’intervento ideale è la mastopessi (lifting del seno) con protesi mammaria. La mastoplastica additiva può essere eseguita solo dopo che le mammelle della donna sono completamente sviluppate e in ogni caso non prima dei 18 anni. Invece l’età non più giovanissima non costituisce di solito un problema: molte donne oltre la cinquantina effettuano additive con ottimi risultati. Il peso deve però essere stabile: modifiche frequenti di peso possono difatti influenzare negativamente la forma e dimensione della mammella operata.

Per avere un seno rifatto senza essere marcate come “donne con il seno finto”, basta non esagerare con le dimensioni del seno che devono essere di poco superiori a quelle originali o naturali: l’aumento del seno con mastoplastica additiva deve essere proporzionato al fisico della donna. Un altro effetto che può far sembrare il seno poco naturale e quindi rifatto è il rigonfiamento della parte superiore del seno dovuto alla sporgenza delle protesi. Per evitare questo effetto basta utilizzare le protesi anatomiche o “a goccia”. Non è dimostrato che le protesi mammarie usate nell’intervento di mastoplastica additiva aumentino il rischio di cancro della mammella. La gravidanza e la capacità di allattare non vengono assolutamente influenzate dalla presenza di protesi mammarie. L’intervento è poco doloroso, è relativamente semplice e dà risultati immediati e durevoli. Tuttavia l’intervento di mastoplastica additiva non ferma il tempo: una mammella con protesi invecchierà esattamente come una mammella naturale in particolare se intercorrono gravidanze o variazioni ponderali. Come per ogni intervento estetico, la paziente deve essere psicologicamente stabile e realistica nelle sue aspettative. Difatti, è importante capire che una mastoplastica additiva potrà migliorare notevolmente l’aspetto, ma non permetterà necessariamente di conseguire una forma perfetta delle mammelle (specie nel caso di una asimmetria). Per quanto la tecnica possa apparire di immediata comprensione, esistono in realtà molte variabili legate alla tipologia della paziente, alla scelta della protesi, alla via di introduzione, alla sede di posizionamento, all’opportunità o meno di manovre chirurgiche associate di riduzione di cute in eccesso o di innalzamento del seno “caduto” (mastopessi).

La scelta della protesi

Attualmente tutte le protesi mammarie sono costituite da un guscio esterno in elastomero di silicone, mentre esistono diverse possibilità di scelta per quanto riguarda sia il materiale di riempimento interno (protesi in gel di silicone, protesi in soluzione salina, protesi in hydrogel) sia il rivestimento esterno del guscio (lisce, testurizzate o “a superficie rugosa”, ricoperte da poliuretano). Noi usiamo le protesi testurizzate in gel di silicone prodotte dalla Allergan riconosciuta in tutto il mondo leader nel settore. Le protesi in gel di silicone sono in grado di offrire la maggiore naturalezza del risultato, oltre ad essere le più controllate scientificamente e le più evolute tecnologicamente. Si tratta di un gel di silicone coesivo, che non fuoriesce in caso di rottura del guscio e che, soprattutto, sopporta pressioni elevate. La testurizzazione dalla superficie (ossia la rugosità) consente alla protesi di aderire meglio ai tessuti circostanti ed ha ridotto notevolmente il rischio della “contrattura capsulare” (indurimento) attorno alla protesi stessa. Riguardo i nuovi materiali talvolta pubblicizzati affrettatamente e in maniera sensazioalistica su riviste non scientifiche, si deve tener presente che questi devono avere una comprovata storia di sicurezza e di efficacia. Specie in questo settore, non tutte le novità necessariamente costituiscono un miglioramento. La mancanza di dati certi, e soprattutto di controlli a distanza, espone al rischio di trovarsi in situazioni non previste e potenzialmente pericolose per la salute (vedi recente caso delle protesi PIP). Le protesi mammarie possono avere forme differenti: esistono le classiche protesi di forma rotonda (“tonde”) e le protesi “anatomiche” che hanno forma “a goccia”, simile a quella del seno naturale. Infine le protesi si differenziano per il profilo (proiezione) e per il volume (grandezza). La scelta di un tipo di protesi piuttosto di un altro varia molto in base alle caratteristiche della paziente ossia l’età, la forma del torace, lo spessore della cute, il risultato che si vuole raggiungere. Per quanto riguarda la scelta del volume, durante la visita preliminare sarà possibile ricreare l’effetto finale usando uno speciale reggiseno con imbottiture multiple che corrispondono a specifiche grandezze di protesi. La forma finale del seno dopo una mastoplastica dipende oltre che dalla forma e dalla proiezione della protesi, dal volume che si è scelto, dalla quantità di ghiandola presente e dallo spessore del sottocute della paziente. 

Intervento chirurgico

Una mastoplastica additiva può essere eseguita sia in anestesia generale (di solito con una notte di degenza) ma più frequentemente in sedazione ed anestesia locale (in “day hospital”, quindi senza degenza). La scelta del tipo di anestesia dipende dal tipo di intervento, dai desideri del paziente e dal giudizio del medico, precisando comunque che la tecnica con sedazione  offre ottime garanzie di sicurezza e non comporta particolare fastidio o dolore. L’operazione dura in genere 60-90 minuti, a seconda della manovre chirurgiche previste. In base al tipo di intervento pianificato e discusso con la paziente l’incisione potrà essere inframammaria o periareolare o ascellare, e le protesi verranno posizionate in una tasca sottoghiandolare o sottomuscolare (vedi sotto). Talvolta è necessario posizionare alla fine dell’intervento e per 12-48 ore dei drenaggi allo scopo preventivo di evitare raccolte siero-ematiche.

Sede di posizionamento delle protesi

In ogni mammella, immediatamente al di sotto della cute si trova la ghiandola mammaria, una componente variabile di tessuto adiposo, ed il piano muscolare della parete toracica. Le protesi possono essere impiantate in posizione sottoghiandolare oppure in posizione sottomuscolare. La misurazione dello spessore del tessuto sottocutaneo nei quadranti superiori della mammella è l’elemento principale nel decidere per un posizionamento sottoghiandolare o sottomuscolare. Non esiste infatti un posizionamento ideale indicato per tutte le pazienti.

 

  • Posizione sottoghiandolare

Le protesi sono impiantate direttamente al di sotto della ghiandola mammaria creando la “tasca” per alloggiare la protesi tra la ghiandola e il muscolo. 

Vantaggi

Svantaggi

Controllo ottimale della forma della mammella e della posizione del solco sottomammario

Maggior rischio di visibilità o palpabilità dei margini della protesi (specie del bordo superiore e specie in pazienti con cute poco spessa e/o che desiderino protesi di grosso volume)

Assenza di alterazioni di forma della mammella durante la contrazione del muscolo pettorale

Una maggiore visibilità della contrattura capsulare se questa dovesse insorgere

Intervento più breve e decorso post operatorio più rapido rispetto al posizionamento sottomuscolare

Leggermente maggiore difficoltà nell’esecuzione delle mammografie, che peraltro non costituisce un problema per un tecnico esperto

 

 

  • Posizione sottomuscolare

Le protesi sono impiantate più profondamente, al di sotto del muscolo grande pettorale (posizione sottomuscolare). In questo caso vien effettua la dissezione al di sotto del muscolo grande pettorale, creando una tasca per la protesi posta più profondamente rispetto al caso precedente. Il posizionamento sottomuscolare può essere totale (la protesi è del tutto sotto il muscolo pettorale) o, preferibilmente, parziale, quando la protesi è in posizione sottomuscolare nella porzione superiore della mammella, (dove la cute è più sottile ed il rischio di palpabilità della protesi più alto) ed in posizione sottoghiandolare nella parte inferiore della mammella.  Ulteriore variante, è il posizionamento “dual plane”, cioè “ a doppio piano”, con il confezionamento selettivo di due tasche sia sotto che sopra il muscolo pettorale. 

 

Vantaggi

Svantaggi

Minor rischio di visibilità o palpabilità dei margini della protesi

Minore controllo della forma della mammella e della posizione del solco sottomammario

Una minor incidenza di contrattura capsulare

Possibile spostamento laterale della protesi con il tempo con allargamento dello spazio tra le mammelle (decolletè)

Minore visibilità della contrattura capsulare se dovesse comunque insorgere

Comportare variazioni anche evidenti della forma della mammella durante l’attività fisica (contrazione del muscolo pettorale)

Consentire mammografie più semplici e possibilmente più facilmente interpretabili

È un intervento più lungo ed più doloroso nel post-operatorio rispetto al posizionamento sottoghiandolare

 

La tecnica “dual plane” minimizza il più possibile questi svantaggi.

 

Vie d’accesso per l’inserimento della protesi

Le incisioni attraverso le quali si posizioneranno le protesi possono essere collocate nel solco sottomammario, al bordo dell’ areola (incisione periareolare), o nel cavo dell’ascella. Ciascuna incisione presenta vantaggi e svantaggi specifici, e non esiste una singola via di accesso che possa essere impiegata per tutte le pazienti.

  • Incisione sottomammaria

è la più classica e la più conosciuta. Molte donne preferiscono escluderla per il timore della cicatrice, che di solito, tuttavia, resta assai poco visibile. Può essere usata per ogni tipo di protesi sia per un posizionamento sottoghiandolare che sottomuscolare.

  • Incisione periareolare

viene effettuata a semicerchio, lungo il bordo della metà inferiore dell’ areola. In caso di necessità si può abbassare il livello del solco sottomammario.Può essere usata per ogni tipo di protesi sia per un posizionamento sottoghiandolare che sottomuscolare, ed esita in una cicatrice finale ben camuffata nel punto di passaggio tra areola e cute più chiara. Non è praticabile in donne con areole piccole (meno di 3 cm di diametro), visto che la lunghezza dell’incisione sarebbe insufficiente per consentire l’introduzione della protesi. Vi è il rischio di alterare la sensibilità del capezzolo.

  • Incisione ascellare

Nascosta nel cavo ascellare potrebbe sembrare la migliore ma purtroppo presenta una serie di limitazioni la rendono consigliabile solo in casi piuttosto selezionati. Infatti per via ascellare, può essere impiegata solo una protesi tonda in posizione sottomuscolare, esiste un rischio leggermente aumentato di ematomi, di posizionamento errato delle protesi e di danneggiare i vasi linfatici ascellari. La mastoplastica per via ascellare è comunque indicata per donne con seno piccolo e solco sottomammario non ben definito che non desiderino alcuna cicatrice sulla mammella.

 Guarigione

Prima della dimissione vi verrà fatto indossare il reggiseno elastico di tipo sportivo, che costituirà la medicazione per tutto il restante periodo post-operatorio. Questo reggiseno non dovrà essere tolto se non dal chirurgo per la rimozione dei punti di sutura. In caso di fastidio o dolore, potrete ricorrere alla terapia antalgica appositamente prescritta, da abbinare agli altri farmaci previsti, ricordandovi di assumerli con scrupolosa attenzione. E’ normale sentirsi stanche e dolenti per alcuni giorni dopo l’intervento, come è normale una sensazione di modesta tensione alle mammelle. Nei primi giorni saranno presenti gonfiore e ,meno frequentemente, ecchimosi; in seguito potrà persistere l’edema nella zona mammaria, che si risolverà gradualmente e in modo fisiologico. Per i primi 2-3 giorni dopo l’intervento è consigliato il riposo a casa. Cercate di non utilizzare i muscoli pettorali, facendo forza sulle braccia o compiendo movimenti impegnativi e sforzi, in modo da impedire eventuali sanguinamenti. La prima medicazione viene fatta dopo uno-due giorni per la rimozione di eventuali drenaggi e per valutare l’andamento delle ferite. I punti di sutura esterni dovranno verranno rimossi dopo circa 10-12 giorni e solo dopo tale periodo sarà possibile effettuare una doccia di pulizia completa. Sarà poi necessario portare ancora il reggiseno elastico giorno e notte per un mese dopo l’intervento. Ovviamente, il reggiseno potrà essere rimosso per le normali abluzioni. Il ritorno alle normali attività è in relazione all’entità  dell’intervento subito, alle condizioni fisiche in cui si è affrontato l’intervento chirurgico ed alle singole capacità reattive. Una ripresa graduale non comincerà comunque prima di una settimana durante la quale è sconsigliata anche la guida. Per almeno un mese non dormite in posizione prona, ed evitate l’esposizione al sole, alle lampade U.V.A., al calore intenso di saune, bagni turchi e possibilmente non usate la cintura di sicurezza dell’automobile. A secondo dell’estensione dell’intervento si chiede al paziente di riprendere con calma l’attività fisica, proibendo comunque per 4-5 settimane lo sport. Il vostro seno non raggiungerà la sua forma definitiva per diverse settimane. 

Cicatrici

Diffidate di chi vi propone soluzioni miracolose e prive di rischi, tecniche “uniche” o esclusive mondiali che non prevedono cicatrici. La mastoplastica, indipendentemente dalla tecnica utilizzata, produce sempre cicatrici estese. Nelle prime settimane, le cicatrici appaiono spesso peggiorare, divenendo più rosse, indurite, ed evidenti. E’ necessario attendere 8-12 mesi perché le cicatrici maturino definitivamente, appiattendosi e divenendo più bianche. Per tale periodo, esse non dovranno essere esposte direttamente al sole (quindi impiegare indumenti o creme solari con SPF 50+) e potranno essere massaggiate con idonee creme emollienti. Occasionalmente può essere opportuna, a distanza, una revisione della cicatrice in anestesia locale per ottenere il miglior risultato cosmetico possibile. In alcune pazienti il processo di cicatrizzazione può risultare in cicatrici ipertrofiche o cheloidi. In ambedue i casi si tratta di cicatrici rilevate, indurite, pruriginose che richiedono trattamenti topici specifici (infiltrazione locale di triamcinolone, compressione elastica, applicazione occlusiva di foglietti di silicone). Tale possibilità non è predicibile prima dell’intervento, anche se non è frequente. Le cicatrici che inevitabilmente risultano all’interno della ghiandola mammamia, non interferiscono con i normali processi diagnostici mammari (ecografia e mammografia).

Possibili Complicanze

Le complicanze nella mastoplastica additiva sono rare, ma purtroppo possibili come in ogni intervento chirurgico. Esistono complicanze legate all’anestesia e complicanze di pertinenza chirurgica. Il rischio di complicazioni aumenta nei pazienti diabetici o con patologie cardiache o polmonari. Le complicanze anestesiologiche possono essere anche gravi, ma di rara manifestazione, ancor più in pazienti in buone condizioni di salute. Inoltre è fondamentale che la struttura dove viene effettuato l’intervento sia dotata delle necessarie attrezzature di emergenza e di personale addestrato. La mastoplastica additiva può comportare complicanze comuni a tutti gli interventi quali: emorragia, formazione di ematomi o sieromi (il cui rischio viene molto limitato dall’inserimento di drenaggi). Talvolta il sanguinamento causa la formazione di un ematoma (una raccolta di sangue all’ interno di una mammella), che richiede di essere drenato in sala operatoria. In genere, se opportunamente trattato, un episodio di sanguinamento non causa altri inconvenienti. Le complicanze specifiche della mastoplastica additiva sono:

  • Pneumotorace (accumulo di aria nel cavo pleurico, con possibile compromissione della funzione respiratoria per ipertensione del cavo pleurico)

Si tratta di una complicanza veramente molto rara Tale complicazione può verificarsi durante o al termine dell’intervento per barotrauma, rottura di bolle polmonari, o lacerazione anche assai piccola della pleura, anche talvolta da ago. Un pneumotorace richiede corretta e rapida diagnosi ed inserimento di un drenaggio toracico. Se trattato adeguatamente, non residua in esiti di rilievo.

  • Infezione

Rara, in particolare se viene effettuata la profilassi antibiotica. Tuttavia se si verifica può talora richiedere la rimozione delle protesi e un’attesa di almeno 3 mesi prima di procedere ad un nuovo intervento.

  • Contrattura capsulare (indurimento)

Questa è la più comune complicanza nel tempo della mastoplastica additiva, anche se l’incidenza di contrattura capsulare si è oggi notevolmente ridotta con l’uso delle protesi a superficie testurizzata e con l’inserimento sottomuscolare della protesi.

In pratica l’organismo reagisce nei confronti delle protesi come ad ogni altro corpo estraneo, dando luogo alla formazione di una capsula fibrosa. Normalmente, tale capsula si presenta soltanto come una sottile pellicola di contenimento costituita da collagene. In un numero molto limitato di casi per motivi fondamentalmente non noti né prevedibili, questa capsula si ispessisce e si contrae rendendo la mammella indurita e di aspetto e consistenza innaturale. Si potranno allora rendere evidenti, quindi visibili, i bordi delle protesi. Ematomi o infezioni post-operatorie favoriscono tale processoAi primi segni di indurimento della protesi, è opportuno consultare il chirurgo in modo che possa provvedere rapidamente con manovre esterne (capsulectomia chiusa) a far ritornare la mammella la sua naturale morbidezza. E’ comunque possibile che questo problema richieda infine un intervento chirurgico di revisione con capsulectomia aperta e possibile sostituzione delle protesi.

  • Alterazioni della sensibilità del capezzolo

La riduzione o, al contrario, l’aumento della sensibilità del capezzolo può manifestarsi immediatamente dopo l’intervento ma nella quasi totalità dei casi sono temporanee.

  • Rotazione di una o ambedue le protesi

Si tratta di una infrequente complicazione tipica delle protesi anatomiche.

In seguito a diversi fattori non del tutto chiariti (dissezione di una tasca grande, insufficiente compressione della medicazione postoperatoria, compressione sulla mammella nel sonno, infezione, effetto di “auto-ingrandimento” della tasca legato al tempo ed alla gravità), le protesi anatomiche in alcuni casi possono ruotarsi modificando la forma della mammella in modo innaturale se la rotazione è marcata.  In tali casi, è spesso necessario un reintervento per  ri-definire la tasca e/o per sostituire le protesi. Per ridurre i rischi di complicanze è comunque fondamentale seguire attentamente i consigli e le istruzioni che vi darà il chirurgo prima e dopo l’intervento. I fumatori dovrebbero diminuire l’uso di sigarette perché il fumo può aumentare il rischio di complicanze e ritardi di guarigione. Le complicanze della mastoplastica additiva sono, comunque, in sintesi rare e ben affrontabili nella grande maggioranza dei casi. Quando intervengono, generalmente, tali complicanze rispondono ad un trattamento adeguato senza compromettere il risultato finale. Vanno inoltre ricordate due evenienze che non sono complicanze vere e proprie ma delle possibilità frequenti e di cui è bene discutere a lungo durante le visite preliminari:

  • Palpabilità della protesi: di solito i bordi della protesi non sono visibili, ma è frequente che essi siano palpabili in particolare a livello del bordo inferiore dato che in quel punto non c’è comunque copertura muscolare.  Non è un fenomeno fastidioso, ma è necessario la paziente ne sia consapevole.
  • Deformazione delle mammelle durante la contrazione muscolare: come già detto, la contrazione del muscolo pettorale durante l’attività fisica può comportare una deformazione temporanea della forma delle mammelle nel caso di posizionamento sottomuscolare della protesi. Tale deformazione può essere anche evidente, e talora anche asimmetrica tra le due mammelle. Di solito, è comunque minore nella tecnica “dual plane” rispetto alla sottomuscolare convenzionale.

Protesi: luci e (poche) ombre

Durata
Per quanto riguarda le protesi in gel di silicone di ultima generazione, diversi studi scientifici statunitensi dimostrano come non esista in teoria una limitazione di durata.  Ciò non significa comunque che tale durata sia illimitata per l’intera vita, ma solo che non esistono dei dati definitivi a riguardo. Le protesi di vecchia generazione sono state sostituite dopo un periodo variabile tra 10 e 15 anni. Le protesi di ultima generazione sono tecnologicamente assai più evolute rispetto ad esse, ma la loro effettiva durata è comunque da supporsi, per quanto più prolungata, comunque limitata nel tempo. Inoltre a causa dei normali processi di invecchiamento, della gravità, di eventuali gravidanze e/o variazioni ponderali la mammella “aumentata”  andrà incontro ad alterazioni di forma negli anni (esattamente come una mammella naturale).  Un reintervento si renderà quindi prima o poi necessario sia per queste ragioni che per la durata delle stesse protesi.

Garanzia
Per le protesi che utilizziamo la casa produttrice Allergan ha previsto una garanzia di sostituzione senza limiti di tempo di tutte le protesi che dovessero rompersi o sgonfiarsi durante l’ intera vita della paziente. Tale garanzia si riferisce, ovviamente, soltanto alle protesi stesse, e pertanto non copre i costi dell’intervento per sostituirle. Tale garanzia può rendere conto del prezzo maggiorato di circa 800-1000 euro fra la linee di protesi con questa assicurazione e linee della stessa ditta (e quindi di uguale qualità) ma con polizze di estensione e durata più limitata.

Rottura
Purtroppo è invece accertato che una piccola percentuale di protesi vanno incontro a rottura spontanea dopo un certo periodo di tempo, richiedendo la sostituzione. Talvolta la rottura avviene in seguito a gravi traumi toracici (soprattutto incidenti stradali). In realtà la rottura delle protesi di ultima generazione non causa alcun sintomo, e la paziente non si rende neanche conto dell’ avvenuta rotturai. Inoltre il silicone non fuoriesce dal guscio, e la forma della protesi non si modifica. e viene riconosciuta solo se associata ad altre complicanze, come la contrattura capsulare. Di norma, comunque, una volta diagnosticata la rottura di una protesi (mediante ecografia o, preferibilmente, risonanza magnetica), si procede comunque alla sua sostituzione, sia per motivi estetici sia per la frequente presenza concomitante di contrattura capsulare. Tralasciando le leggende circa gli scoppi aerei delle protesi (evenienza mai verificatasi, anche perché la cabina è pressurizzata!), una protesi mammaria in buone condizioni può comunque essere sottoposta ad alte temperature e a pressioni elevate (ad esempio immersioni subacquee) senza che si causi alcun danno. 

La mastoplastica riduttiva, più comunemente nota come chirurgia di riduzione del volume del seno, è un intervento che consente di modificare la forma e le dimensioni di un seno troppo grande e cadente. Un volume eccessivo del seno (iperplasia o gigantomastia) non costituisce solo un problema estetico, ma molto spesso crea disagi psicologici e fastidiosi disturbi. La mastoplastica riduttiva è indicata per le donne il cui seno, essendo troppo voluminoso, può provocare disturbi quali:

  • Dolore alla schiena, soprattutto alla regione cervicale e lombare
  • Dolore alla regione mammaria
  • Problemi di respirazione
  • Ulcerazione nella piega sottomammaria e in corrispondenza delle spalline del reggiseno
  • Problemi psicologici e sociali che possono condizionare la donna nella vita quotidiana e/o nell’attività sportiva e sessuale

 Esistono numerose tecniche chirurgiche che, a seconda della situazione di partenza, vanno considerate e discusse con il Chirurgo. Non esistono limiti di età per sottoporsi a questo tipo di intervento, ma è preferibile attendere il completo sviluppo del seno che avviene generalmente intorno alla maggiore età. Eventuali smagliature cutanee saranno ridotte o attenuate per effetto dell’asportazione. Dopo un intervento di mastoplastica riduttiva la funzione dell’allattamento può risultare compromessa. Tale possibilità varia in relazione alla situazione clinica di partenza e alla tecnica chirurgica che bisognerà, di conseguenza, utilizzare. Potrete apprezzare da subito il profilo più adeguato del vostro seno, ma i risultati miglioreranno nei mesi successivi, quando il gonfiore sarà sparito e le cicatrici saranno chiare, sottili e quindi meno visibili. Il risultato dell’intervento è definitivo nel senso che il tessuto asportato non si riforma. Tuttavia con il trascorrere degli anni stili di vita non corretti, gravidanze e i normali processi di invecchiamento possano alterare la forma conseguita con l’intervento. La durata nel tempo del risultato ottenuto con l’intervento dipende da numerosi fattori, quali: volume e peso delle mammelle residue, qualità ed elasticità dei tessuti, eventuali successive gravidanze e variazioni ponderali. Come per ogni intervento estetico, la paziente deve essere psicologicamente stabile e realistica nelle sue aspettative.

Intervento chirurgico

Una mastoplastica riduttiva può essere eseguita sia in anestesia generale (di solito con una notte di degenza) sia, per i casi meno impegnativi, in sedazione ed anestesia locale (in day hospital, quindi senza degenza). La scelta del tipo di anestesia dipende dal tipo di intervento, dai desideri del paziente e dal giudizio del medico, precisando comunque che la tecnica con sedazione  offre ottime garanzie di sicurezza e non comporta particolare fastidio o dolore. L’operazione dura in genere dalle 2 alle 4 ore, a seconda della manovre chirurgiche previste. Le tecniche di riduzione mammaria sono molteplici; tutte si prefiggono di garantire la vitalità al complesso areola-capezzolo e di restituire un contorno adeguato al seno. La cicatrice è in genere a forma di “T rovesciata”: circonda cioè l’areola, scende poi verticalmente verso il basso e risale quindi orizzontalmente lungo le curve naturali della mammella. Si può talvolta associare la liposuzione per rimuovere il tessuto adiposo soprattutto dai quadranti esterni. I differenti aspetti dell’intervento, dipendenti dal volume della mammella e dal grado di caduta di questa, saranno preventivamente pianificate e discussi approfonditamente con la paziente. Di norma è necessario posizionare alla fine dell’intervento e per 12-48 ore dei drenaggi allo scopo preventivo di evitare raccolte siero-ematiche.

Guarigione

Prima della dimissione vi verrà fatto indossare il reggiseno elastico di tipo sportivo, che costituirà la medicazione per tutto il restante periodo post-operatorio. Questo reggiseno non dovrà essere tolto se non dal chirurgo per la rimozione dei punti di sutura. In caso di fastidio o dolore, potrete ricorrere alla terapia antalgica appositamente prescritta, da abbinare agli altri farmaci previsti, ricordandovi di assumerli con scrupolosa attenzione. E’ normale sentirsi stanche e dolenti per alcuni giorni dopo l’intervento, come è normale una sensazione di modesta/notevole tensione alle mammelle. Nei primi giorni saranno presenti gonfiore e ,meno frequentemente, ecchimosi; in seguito potrà persistere l’edema nella zona mammaria, che si risolverà gradualmente e in modo fisiologico. Per i primi 6-8 giorni dopo l’intervento è consigliato  il riposo a casa. Cercate di non utilizzare i muscoli pettorali, facendo forza sulle braccia o compiendo movimenti impegnativi e sforzi, in modo da impedire eventuali sanguinamenti. La prima medicazione viene fatta dopo uno-due giorni per la rimozione di eventuali drenaggi e per valutare l’andamento delle ferite. I punti di sutura esterni verranno rimossi dopo circa 10-12 giorni e solo dopo tale periodo sarà possibile effettuare una doccia di pulizia completa. Sarà poi necessario portare ancora il reggiseno elastico giorno e notte per un mese dopo l’intervento. Ovviamente, il reggiseno potrà essere rimosso per le normali abluzioni. Il ritorno alle normali attività è in relazione all’entità  dell’intervento subito, alle condizioni fisiche in cui si è affrontato l’intervento chirurgico ed alle singole capacità reattive. Una ripresa graduale non comincerà comunque prima di due settimane durante le quali è sconsigliata la guida. Per almeno un mese non dormite in posizione prona, ed evitate l’esposizione al sole, alle lampade U.V.A., al calore intenso di saune, bagni turchi. A secondo dell’estensione dell’intervento si chiede al paziente di riprendere con calma l’attività fisica, proibendo comunque per 6 settimane lo sport. Il vostro seno non raggiungerà la sua forma definitiva per diverse settimane.

Cicatrici

Diffidate di chi vi propone soluzioni miracolose e prive di rischi, tecniche “uniche” o esclusive mondiali che non prevedano cicatrici. La riduzione mammaria, indipendentemente dalla tecnica utilizzata, produce sempre cicatrici estese. Nelle prime settimane, le cicatrici appaiono spesso peggiorare, divenendo più rosse, indurite, ed evidenti. E’ necessario attendere 8-12 mesi perché le cicatrici maturino definitivamente, appiattendosi e divenendo più bianche. Per tale periodo, esse non dovranno essere esposte direttamente al sole (quindi impiegare indumenti o creme solari con SPF 50+) e potranno essere massaggiate con idonee creme emollienti. Occasionalmente può essere opportuna, a distanza, una revisione della cicatrice in anestesia locale per ottenere il miglior risultato cosmetico possibile. In alcune pazienti il processo di cicatrizzazione può risultare in cicatrici ipertrofiche o cheloidi. In ambedue i casi si tratta di cicatrici rilevate, indurite, pruriginose che richiedono trattamenti topici specifici (infiltrazione locale di triamcinolone, compressione elastica, applicazione occlusiva di foglietti di silicone). Tale possibilità non è predicibile prima dell’intervento, anche se assai rara. Le cicatrici che inevitabilmente risultano all’interno della ghiandola mammamia, non interferiscono con i normali processi diagnostici mammari (ecografia e mammografia).

Possibili complicanze

La mastoplastica riduttiva è un intervento chirurgico sicuro, che tuttavia può comportare complicanze postoperatorie sgradevoli, ed in grado di prolungare notevolmente il processo di guarigione. Esistono complicanze legate all’anestesia e complicanze di pertinenza chirurgica. Il rischio di complicazioni aumenta nei pazienti diabetici o con patologie cardiache o polmonari. Le complicanze anestesiologiche possono essere anche gravi, ma di rara manifestazione, ancor più in pazienti in buone condizioni di salute. Inoltre è fondamentale che la struttura dove viene effettuato l’intervento sia dotata delle necessarie attrezzature di emergenza e di personale addestrato. La mastoplastica riduttiva  può comportare complicanze comuni a tutti gli interventi quali: emorragia, infezione (rara in particolare se viene effettuata la profilassi antibiotica; se si verifica può talora richiedere un intervento per correggere eventuali alterazioni cutanee e/o a livello della cicatrice), formazione di ematomi o sieromi (il cui rischio viene molto limitato dall’inserimento di drenaggi). Talvolta il sanguinamento causa la formazione di un ematoma (una raccolta di sangue all’interno di una mammella), che richiede di essere drenato in sala operatoria. Se il sanguinamento è stato notevole, potrebbe anche essere necessaria una trasfusione. In genere, se opportunamente trattato, un episodio di sanguinamento non causa altri inconvenienti. Le complicanze specifiche della mastoplastica riduttiva sono:

  • Diastasi (allargamento) delle suture

 Questa evenienza associata a secrezione di siero può accadere, specie nelle riduzioni mammarie maggiori, a livello della giunzione a T dell’incisione verticale con quella orizzontale al solco sottomammario, dove si esercita la massima tensione sulla sutura. Questa non è peraltro una infezione, e di solito si risolve con semplici medicazioni locali senza esiti di rilievo

  • Asimmetrie

Non si tratta di una complicanza vera e propria, perché piccole differenze tra le mammelle, in forma o dimensione, sono assolutamente normali ed impossibili da eliminare completamente. In qualche caso, tuttavia, le asimmetrie potrebbero essere particolarmente visibili, e richiedere una correzione.

  • Necrosi del capezzolo

Dopo una mastoplastica riduttiva possono crearsi problemi di apporto ematico in grado di causare la perdita totale o parziale del complesso areola-capezzolo. La frequenza con cui questa complicanza si verifica è minore dell’1%, nella maggior parte delle pubblicazioni scientifiche. Il rischio è maggiore nei casi di riduzione mammaria superiore a 1.000 g. per mammella, e soprattutto nelle fumatrici. La necrosi del capezzolo richiede normalmente un intervento di ricostruzione generalmente con innesti cutanei con risultati in genere soddisfacenti.

  • Perdita della sensibilità del capezzolo

La riduzione o perdita completa della sensibilità del capezzolo è molto comune immediatamente dopo la mastoplastica riduttiva. Nella maggior parte delle donne la sensibilità migliora nel giro di pochi mesi, anche se può richiedere fino ad un anno per un recupero completo. In alcuni casi, tuttavia, la perdita di sensibilità può essere permanente, ed accompagnarsi alla perdita della capacità erettile del capezzolo.

  • Necrosi adiposa

In particolare nelle riduzioni mammarie di notevole entità, il tessuto adiposo non rimosso può andare incontro a necrosi per infezione o insufficiente apporto vascolare. In genere questo determina la formazione di un ascesso e la necessità di un intervento di drenaggio e rimozione del tessuto adiposo non vitale. La necrosi adiposa richiede cure mediche e chirurgiche prolungate e può concludersi con la formazione di indurimenti localizzati. Tali indurimenti possono risolversi spontaneamente o perdurare nel tempo.

Per ridurre i rischi di complicanze è comunque fondamentale seguire attentamente i consigli e le istruzioni che vi darà il chirurgo prima e dopo l’intervento. I fumatori dovrebbero diminuire l’uso di sigarette perché il fumo può aumentare il rischio di complicanze e ritardi di guarigione.

La mastopessi è definito il lifting delle mammelle. Si tratta di un intervento che consente di migliorare l’aspetto di mammelle eccessivamente ptosiche (cadenti) in seguito a perdita di peso, gravidanza ed allattamento mediante il loro rimodellamento. L’obiettivo principale della mastopessi è rendere più  tonico e desiderabile l’aspetto del seno attraverso il sollevamento chirurgico del complesso mammario. Dall’analisi della situazione e dopo aver capito il desiderio della paziente, il chirurgo suggerisce il piano operatorio ideale per ricreare un seno proporzionato e modellato armonicamente nel profilo, nella dimensione e nella posizione dei capezzoli. Nel caso di ptosi accentuata, cioè quanto il tessuto del seno è notevolmente ceduto e risulta molto spostato verso il basso rispetto ad una posizione ideale, l’intervento ideale è la mastopessi. Il piano operatorio può inoltre includere l’impiego di protesi mammarie (come per la mastoplastica additiva) qualora, oltre al cedimento cutaneo sia evidente una sorta di svuotamento dei volumi, oppure il desiderio della paziente sia quello di sollevare il seno e, insieme, di renderlo più abbondante. In altri casi, l’obiettivo di rendere proporzionato il seno può prevedere invece la riduzione del suo volume, cosa che viene realizzata nel corso della mastopessi. Infatti mammelle grandi e ptosiche possono sì essere rialzate ma con risultati meno durevoli nel tempo (gravità), a meno che non se ne riduca contemporaneamente anche il volume. Spesso l’intervento viene richiesto dopo una gravidanza, ma se la paziente pensa di avere ancora delle gravidanze è preferibile posporre l’intervento chirurgico. Questo non perché l’operazione interferisca ad esempio con l’allattamento o con altri aspetti della gravidanza, quanto perché in seguito all’aumento di volume e alla seguente atrofia post-gravidica verrebbe vanificato il primo intervento. Bisogna ancora una volta ricordare come le cicatrici di questo intervento siano estese e permanenti e che occorrono molti mesi prima che tendano a migliorare e ad essere meno evidenti, potendo talvolta diventare delle sottili linee bianche. Come per ogni intervento estetico, la paziente deve essere psicologicamente stabile e realistica nelle sue aspettative. Difatti, è importante capire che una mastopessi potrà migliorare notevolmente l’aspetto, ma non permetterà necessariamente di conseguire una forma perfetta delle mammelle. L’intervento dà risultati durevoli nel tempo, benchè non permanenti. Difatti l’intervento non può fermare l’invecchiamento dei tessuti, né può contrastare le leggi di gravità, ma se le aspettative della paziente sono realistiche, i risultati danno grandi soddisfazione.

Intervento chirurgico

Una mastopessi può essere eseguita sia in anestesia generale (di solito con una notte di degenza) sia, per i casi meno impegnativi, in sedazione ed anestesia locale (in day hospital, quindi senza degenza). La scelta del tipo di anestesia dipende dal tipo di intervento, dai desideri del paziente e dal giudizio del medico, precisando comunque che la tecnica con sedazione  offre ottime garanzie di sicurezza e non comporta particolare fastidio o dolore. L’operazione dura in genere da 1a 3 ore, a seconda della manovre chirurgiche previste. Le incisioni (che nel complesso formano una “T rovesciata”) previste per la mastopessi classica del seno sono tre:

  • la prima segue il perimetro dell’areola, e viene praticata al fine di spostare il capezzolo in una posizione più adatta, più in alto rispetto al solco sottomammario. In questo momento può essere corretta anche la dimensione e la forma di areole troppo ampie o non regolari.
  • la seconda incisione corre verticalmente dal margine inferiore dell’areola al solco sottomammario
  • la terza è realizzata lungo il solco sottomammario e, con l’incisione verticale, serve per sollevare la struttura del seno, dare maggiore tono e migliorare il profilo.

Attraverso queste incisioni viene eliminata una certa porzione di cute, secondo il rimodellamento previsto. Se la mastopessi viene realizzata non solo per sollevare il complesso mammario, ma anche per ridurne il volume, in questa fase il chirurgo rimuove anche parte del tessuto mammario adiposo e ghiandolare, fino ad ottenere la forma pianificata. Nel caso in cui il piano operatorio preveda invece l’inserimento di protesi mammarie, queste vengono posizionate in genere dietro la ghiandola, per riempire e rassodare il seno svuotato. Al termine di queste fasi, i tessuti vengono opportunamente suturati con punti interni ed esterni, in modo da allestire cicatrici sottili e piane. Talvolta è necessario posizionare alla fine dell’intervento e per 12-48 ore dei drenaggi allo scopo preventivo di evitare raccolte siero-ematiche.

Mastopessi a cicatrici ridotte

Esistono oggi diverse varianti tecniche al disegno classico delle incisioni a “T rovesciata”, ideate proprio allo scopo di evitare parte delle cicatrici. Queste nuove tecniche implicano o soltanto una cicatrice periareolare o una cicatrice periareolare insieme ad una cicatrice verticale o un po’ obliqua sotto il bordo inferiore dell’areola. Il  mantenimento duraturo della forma viene assicurato dalla sutura e stabilizzazione della ghiandola, senza richiedere un’ampia asportazione della cute. La cute, ridistribuita sulla ghiandola rimodellata, si adatterà poi progressivamente alla nuova forma di questa. Risulta quindi evidente che questi casi richiedono un periodo più lungo di assestamento post-operatorio delle mammelle, sia per quanto riguarda la forma che per quanto riguarda l’aspetto delle cicatrici stesse. La possibilità di impiegare una di queste nuove tecniche dipende da molti fattori, tra cui l’età, l’elasticità della cute, il grado di volume in eccesso, e la forma delle mammelle. In pratica, le nuove tecniche periareolari/verticali sono indicate per donne giovani, con cute ancora elastica, con mammelle non troppo voluminose, e che accettino il periodo suddetto di assestamento.

Guarigione

Prima della dimissione vi verrà di solito fatto indossare il reggiseno elastico di tipo sportivo, che costituirà la medicazione per tutto il restante periodo post-operatorio. Questo reggiseno non dovrà essere tolto se non dal chirurgo per la rimozione dei punti di sutura. In caso di fastidio o dolore, potrete ricorrere alla terapia antalgica appositamente prescritta, da abbinare agli altri farmaci previsti, ricordandovi di assumerli con scrupolosa attenzione. È normale sentirsi stanche e dolenti per alcuni giorni dopo l’intervento, come è normale una sensazione di modesta tensione alle mammelle. Nei primi giorni saranno presenti gonfiore e ,meno frequentemente, ecchimosi; in seguito potrà persistere l’edema nella zona mammaria, che si risolverà gradualmente e in modo fisiologico. Per i primi 5-7 giorni dopo l’intervento è consigliat il riposo a casa. Cercate di non utilizzare i muscoli pettorali, facendo forza sulle braccia o compiendo movimenti impegnativi e sforzi, in modo da impedire eventuali sanguinamenti. La prima medicazione viene fatta dopo uno-due giorni per la rimozione di eventuali drenaggi e per valutare l’andamento delle ferite. I punti di sutura esterni dovranno verranno rimossi dopo circa 10-12 giorni e solo dopo tale periodo sarà possibile effettuare una doccia di pulizia completa. Sarà poi necessario portare ancora il reggiseno elastico giorno e notte per un mese dopo l’intervento, e ancora per altri 15 giorni solo di giorno. Ovviamente, il reggiseno potrà essere rimosso per le normali abluzioni. Il ritorno alle normali attività è in relazione all’entità  dell’intervento subito, alle condizioni fisiche in cui si è affrontato l’intervento chirurgico ed alle singole capacità reattive. Una ripresa graduale non comincerà comunque prima di due settimane durante le quali è sconsigliata la guida. Per almeno un mese non dormite in posizione prona, ed evitate l’esposizione al sole, alle lampade U.V.A., al calore intenso di saune, bagni turchi e possibilmente non usate la cintura di sicurezza dell’automobile. A secondo dell’estensione dell’intervento si chiede al paziente di riprendere con calma l’attività fisica, proibendo comunque per 6 settimane lo sport. Il vostro seno non raggiungerà la sua forma definitiva per diverse settimane.

Cicatrici

Diffidate di chi vi propone soluzioni miracolose e prive di rischi, tecniche “uniche” o esclusive mondiali che non prevedono cicatrici. La mastopessi, indipendentemente dalla tecnica utilizzata, produce sempre cicatrici estese. Nelle prime settimane, le cicatrici appaiono spesso peggiorare, divenendo più rosse, indurite, ed evidenti. E’ necessario attendere 8-12 mesi perché le cicatrici maturino definitivamente, appiattendosi e divenendo più bianche. Per tale periodo, esse non dovranno essere esposte direttamente al sole (quindi impiegare indumenti o creme solari con SPF 50+) e potranno essere massaggiate con idonee creme emollienti. Occasionalmente può essere opportuna, a distanza, una revisione della cicatrice in anestesia locale per ottenere il miglior risultato cosmetico possibile. In alcune pazienti il processo di cicatrizzazione può risultare in cicatrici ipertrofiche o cheloidi. In ambedue i casi si tratta di cicatrici rilevate, indurite, pruriginose che richiedono trattamenti topici specifici (infiltrazione locale di triamcinolone, compressione elastica, applicazione occlusiva di foglietti di silicone). Tale possibilità non è predicibile prima dell’intervento, anche se assai rara. Le cicatrici che inevitabilmente risultano all’interno della ghiandola mammamia, non interferiscono con i normali processi diagnostici mammari (ecografia e mammografia). 

Possibili complicanze

Le complicanze nella mastopessi sono rare, ma purtroppo possibili come in ogni intervento chirurgico. Esistono complicanze legate all’anestesia e complicanze di pertinenza chirurgica. Il rischio di complicazioni aumenta nei pazienti diabetici o con patologie cardiache o polmonari. Le complicanze anestesiologiche possono essere anche gravi, ma di rara manifestazione, ancor più in pazienti in buone condizioni di salute. Inoltre è fondamentale che la struttura dove viene effettuato l’intervento sia dotata delle necessarie attrezzature di emergenza e di personale addestrato. La mastopessi può comportare complicanze comuni a tutti gli interventi quali: emorragia, infezione (rara in particolare se viene effettuata la profilassi antibiotica; se si verifica può talora richiedere un intervento per correggere eventuali alterazioni cutanee e/o a livello della cicatrice), formazione di ematomi o sieromi (il cui rischio viene molto limitato dall’inserimento di drenaggi). Talvolta il sanguinamento causa la formazione di un ematoma (una raccolta di sangue all’ interno di una mammella), che richiede di essere drenato in sala operatoria. In genere, se opportunamente trattato, un episodio di sanguinamento non causa altri inconvenienti. Le complicanze specifiche della mastopessi sono:

  • Diastasi (allargamento) delle suture

 Questa evenienza associata a secrezione di siero può accadere, specie nelle mastopessi associate a riduzione mammaria, a livello della giunzione a T dell’incisione verticale con quella orizzontale al solco sottomammario, dove si esercita la massima tensione sulla sutura. Questa non è peraltro una infezione, e di solito si risolve con semplici medicazioni locali senza esiti di rilievo

  • Asimmetrie

Non si tratta di una complicanza vera e propria, perché piccole differenze tra le mammelle, in forma o dimensione, sono assolutamente normali ed impossibili da eliminare completamente. In qualche caso, tuttavia, le asimmetrie potrebbero essere particolarmente visibili, e richiedere una correzione.

  • Necrosi del capezzolo

Dopo una mastopessi possono crearsi problemi di apporto ematico in grado di causare la perdita totale o parziale del complesso areola-capezzolo. La frequenza di questa complicanza è rarissima ma è comunque possibile, specie in pazienti fumatrici con mammelle molto ptosiche e/o che necessitino di mastopessi combinata con altra procedura. La necrosi del capezzolo richiede normalmente un intervento di ricostruzione generalmente con innesti cutanei con risultati in genere soddisfacenti.

  • Perdita della sensibilità del capezzolo

La riduzione o perdita completa della sensibilità del capezzolo è molto comune immediatamente dopo la mastopessi. Nella maggior parte delle donne la sensibilità migliora nel giro di pochi mesi, anche se può richiedere fino ad un anno per un recupero completo. In alcuni rari casi, tuttavia, la perdita di sensibilità può essere permanente, ed accompagnarsi alla perdita della capacità erettile del capezzolo.

  • Necrosi adiposa

Raramente il tessuto adiposo non rimosso può andare incontro a necrosi per infezione o insufficiente apporto vascolare. In genere questo determina la formazione di una raccolta ascessuale e la necessità di un intervento di drenaggio e rimozione del tessuto adiposo non vitale. La necrosi adiposa richiede cure mediche e chirurgiche prolungate e può concludersi con la formazione di indurimenti localizzati. Tali indurimenti possono risolversi spontaneamente o perdurare nel tempo. (Per quanto riguarda le complicanze possibili aggiuntive riguardo l’impiego di una protesi, queste sono descritte nel fascicolo informativo riguardante la mastoplastica additiva.)

Per ridurre i rischi di complicanze è comunque fondamentale seguire attentamente i consigli e le istruzioni che vi darà il chirurgo prima e dopo l’intervento. I fumatori dovrebbero diminuire l’uso di sigarette perché il fumo può aumentare il rischio di complicanze e ritardi di guarigione. Le complicanze della mastopessi sono, comunque, in sintesi rare e ben affrontabili nella grande maggioranza dei casi. Quando intervengono, generalmente, tali complicanze rispondono ad un trattamento adeguato senza compromettere il risultato finale. 

Il capezzolo, a parte il suo ruolo importante nell’armonia di un bel seno, è la parte della mammella preposta alla suzione del latte materno da parte del bambino. In esso confluiscono i dotti galattofori, che convogliano all’esterno il secreto delle ghiandole. Il capezzolo introflesso, detto anche capezzolo ritenuto, è un problema che riguarda circa il 3% donne, sin dall’età della pubertà. Queste donne presentano un capezzolo che non fuoriesce e non si proietta normalmente. Il problema è normalmente congenito, ma in rari casi può essere conseguente a processi infiammatori o interventi chirurgici. La causa di questo problema è dovuta alla retrazione dei dotti galattofori; il capezzolo non ha quindi la possibilità di sporgere dalla mammella e viene trattenuto all’interno, formando un’antiestetica ombelicatura, che quasi sempre non consente l’allattamento. Come primo approccio, nei casi meno gravi ed in gravidanza (durante la quale è preferibile non effettuare interventi chirurgici), è opportuno provare ad allungare i dotti galattofori con apposite campane in cui, tramite una pompetta, si crea una depressione, che “aspira” il capezzolo verso l’esterno. Tuttavia è una soluzione con un alto tasso di recidiva, va protratta per diversi mesi, non è molto ben accetto dalle donne (l’ apparecchio è visibile al di sotto dei vestiti) e presenta complicanze lievi ma assai fastidiose come l’ ulcerazione del capezzolo. In questi casi si può ricorrere ad un piccolo intervento chirurgico.

Intervento chirurgico

L’intervento è generalmente eseguito in regime ambulatoriale in anestesia locale. La durata è di circa 20-30 minuti per capezzolo. Le incisioni chirurgiche sono quasi sempre effettuate alla base del capezzolo e sono di circa 1,5 cm. La tecnica chirurgica di correzione consiste nell’interrompere la retrazione dei dotti galattofori, al termine dell’operazione, il capezzolo verrà suturato sia all’interno per aumentarne la proiezione, che sulla cute esterna. Infine viene posizionata una medicazione speciale ad anello per evitarne lo schiacciamento. 

Guarigione

Il disagio postoperatorio è minimo. La vita normale potrà essere ripresa dal giorno successivo; l’attività sportiva dopo una decina di giorni, non appena rimossa la medicazione. Non è consigliabile indossare subito il reggiseno   perché potrebbe schiacciare  il capezzolo appena corretto e proiettato. Le piccolissime cicatrici sono ben dissimulate dalle rugosità dell’areola e del capezzolo stesso e dopo pochi mesi sono difficilmente rilevabili, anche a distanza ravvicinata.

Possibili complicanze

Come ogni procedura chirurgica, l’intervento di correzione del capezzolo introflesso può comportare rare ma possibili complicanze. La frequenza della loro insorgenza è bassa e, solitamente, si tratta di complicanze temporanee e reversibili. Per ridurre i rischi di complicanze è comunque fondamentale seguire attentamente i consigli e le istruzioni che vi darà il chirurgo prima e dopo l’intervento. L’unica complicanza degna di nota (seppure rara) è l’eventualità che le incisioni possano andare incontro a cattiva cicatrizzazione, con formazione di  cheloidi; le cicatrici cheloidee possono essere, in seguito, revisionate, ma l’esito del nuovo intervento, in questi casi, può essere ugualmente insoddisfacente, in quanto le cicatrici ipertrofiche e i cheloidi sono dovuti a caratteristiche soggettive. Un’altra informazione da tenere bene in considerazione è che, di  norma, chi è affetto da capezzolo introflesso non può allattare, e dopo la correzione chirurgica questa possibilità si riduce ulteriormente.